Mio nonno era così. Troppo “crucco” per passare inosservato in un paesino di poche anime della Pedemontana Veneta, troppo innamorato dell’Italia per tornarsene dalla famiglia sparsa tra l’Alto Adige, la Svizzera e la Germania.
Nonno Hubert Steinkeller era tante cose. Ma, sopra ogni altra, era un cantastorie.
Da bambina poteva ammaliarmi per pomeriggi interi senza nemmeno uscire dall’orto vicino casa. Eppure, quando qualcosa solcava il cielo azzurro sopra il Montello, qualcosa che non era di certo un’aquila o un aquilone, bensì uno dei comuni volatili ospitati nel bosco, l’invito era sempre lo stesso: “Guarda Elisa, un aquilo…”
La voce di nonna Renate, divoratrice di libri, non faceva che alimentare quelle suggestioni infantili, raccontando di principi che si trasformano in cigni, di animali parlanti, di una natura abitata da folletti, gnomi e fate.
Perché parlo della mia infanzia?
Arriva un momento in cui ti rendi conto che le radici sono preziose e, prima di permettermi di chiedere le tue, trovo corretto raccontare le mie.
A tal proposito, riconosco che nella prima parte della mia vita non ci sono state solo scorribande in libertà: la fantasiosa famiglia materna si compensava (per non dire scontrava) con il più quadrato e prevedibile contesto familiare paterno.
Matriarca indiscussa della famiglia Poloni, nonna Pierina.
Donna stoica, instancabile, buona d’animo. Vorrei dire di aver preso questo ultimo lato di lei, ma da tempo sono grata di aver ereditato almeno i primi due che, per chi lavora nel mondo degli eventi e della comunicazione, restano doti fondamentali… specie quando non tutto fila esattamente secondo i piani.
Già, perché veniamo alla seconda domanda che vorrei farti.
Se già lo hai avuto, qual è il tuo punto di svolta?
Quello, per intenderci, che ha rimescolato tutte le carte in tavola?
Il mio è stato alla fine della quinta superiore, durante uno degli ultimi giorni di scuola.
A pochi giorni dalla maturità, la mia formidabile insegnante di matematica mi chiese se avrei scelto Economia e Commercio a Venezia. Uscendo da ogni pronostico, risposi che all’Università avrei voluto studiare Comunicazione.
La delusione che lessi nei suoi occhi mi ferì, ma non fu sufficiente a farmi cambiare idea. I numeri mi piacevano ed era esaltante far quadrare tutti quei conti, però era un futuro in cui proprio non mi ci vedevo.
Fu così che decisi di seguire la vocazione per le parole e questo, per certi versi, cambiò tutto il resto.
Anni di studio, esperienza nel campo, confronto continuo con professionisti generosi e pazienti nel farmi crescere, stare al passo con novità e strumenti del settore, opportunità colte e mancate. Ogni cosa ha contributo a questo istante.
L’istante in cui scatta la terza domanda, la più importante.
Cosa significa davvero “guarda in alto”?
Parlando con le persone, e chiedendomelo spesso tra il 2020 e il 2021, alla fine ho capito che non esiste una risposta univoca a questa domanda.
C’è chi ragiona in termini pragmatici, fatti di numeri, risultati, reddito o fatturato. Chi parla empiricamente di integrità, etica, valori. Chi si affida ai sentimenti, alla fede, alla spiritualità.
Ognuno ha la sua e, detto tra noi, credo sia difficile che rimanga la stessa per tutta la vita o che coincida nel lavoro e nella sfera privata, perché siamo esseri in evoluzione.
Le nostre attività, le nostre comunicazioni, le nostre relazioni, le nostre emozioni sono fatte per cambiare, per adattarsi. Riuscire a coglierle, istante dopo istante, è ciò che ci fa sognare, andare avanti, raggiungere traguardi, completare progetti, superare ostacoli e, alla fine, avvicinare al senso che più ci appartiene.
Sono convinta che le parole, scritte, parlate, pensate o disegnate, contribuiscono a formare l’identità a cui aspiriamo, che ci guida e ci mette in relazione positiva con il mondo.
Questo, per me, è essere in comunicazione.
Se sono riuscita a incuriosirti con questo scorcio di vita privata, apprezzerei ricevere un tuo commento o la storia delle tue radici, della tua svolta e del tuo senso.
Scrivimi a elisa@esmeincomunicazione.it e creiamo insieme il prossimo racconto.